Se vi chiedessimo una lista dei 10 migliori giocatori del mondo, con una buona probabilità tra quei nomi comparirebbe Phil Galfond.
È superfluo elencare tutti i risultati che ha ottenuto in carriera, dai nosebleed degli anni d'oro alle Galfond Challenge, ma quello che forse non sapevate è che anche lui ha ato dei momenti di insicurezza, dove dubitava della sua effettiva bravura.
Quando? Beh, quando sono arrivati i primi solver, che Phil temeva essere un mezzo con cui chiunque avrebbe potuto superarlo. Ecco la sua storia.
In questo Articolo:
I primi tempi dei solver 1u5a67
"I primi solver erano per Texas Hold'Em, e io che sono un giocatore principalmente di Omaha non li ho considerati. Giocando ogni tanto a NLHE, per esempio alle WSOP, notavo che la gente giocava in maniera un po' diversa, e cercavo di capire cosa stessero facendo. Guardavo già qualche video di gente che lavora con i solver, conoscevo le parole chiave e le cose a cui pensavano, ma non le avevo mai studiate di persona.
Poi sono usciti i solver PLO, e io continuavo a non volerli usare per varie ragioni, principalmente perché i primi non erano molto friendly, ma comunque ero confident di poter continuare a giocare e vincere, e in effetti ci riuscivo.
Il timore di non essere più il migliore 4sm5n
Poi ho cominciato a giocare molto meno per i miei altri business, un paio d'anni mi ci sono dedicato full time, e nel frattempo i solver PLO stavano migliorando e la gente stava capendo sempre di più.
Ho cominciato a sentirmi insicuro, anche se è una parola grossa. Mi sentivo in grado di capire cosa stessero facendo i miei avversari e trovare una contro-strategia, ma qualcuno poteva dirmi: "Phil in realtà stai sbagliando, c'è una risposta a questa giocata, e la risposta è questa." e io non stavo studiando queste cose.
Forse è un motivo per cui mi sono dedicato così tanto agli altri business. Mi sentivo un po' disilluso, avevo l'impressione che il poker stesse diventando un gioco di risposte giuste e sbagliate, e che le skill che mi rendevano forte un tempo non sarebbero più servite.
La nuova skill era la capacità di memorizzare, e io non sono mai stato bravo a scuola.
Il mental coach e la decisione di provarci 551u5g
È stato poco dopo che ho deciso di cominciare la Galfond Challenge e tornare a giocare in maniera davvero seria, contro avversari molto forti, ed ero molto agitato al riguardo.
Non riuscivo a decidermi a farlo finché non ho lavorato con il mental coach e ipnoterapeuta Elliot Roe.
Mi ha aiutato a spacchettare la paura che avevo verso lo studio con i solver. Sono stato un top player per molto tempo. Cosa sarebbe successo se avessi provato di nuovo, studiato con i solver e avessi scoperto che il mio skill set non funziona nella nuova era?
Il programma mentale negativo 66812
Mi ha spiegato che è una cosa tipica, la chiama "programma mentale negativo". Usa questa metafora, il corpo e la mente sono un sistema operativo, e nei primi anni installi dei programmi per proteggerti da qualcosa di quel momento, ma poi li abbiamo ancora 20, 30 anni dopo e non ci servono più, anzi ci danneggiano.
Il mio si chiama programma "troppo intelligente per provare". Alle elementari ero un o avanti agli altri, non dovevo impegnarmi per ottenere ottimi voti, tutto facile. Non ho mai sviluppato abitudini di studio e tutti mi dicevano che ero intelligente.
Poi le cose tra medie e superiori si sono fatte più difficili, non ottenevo tutto senza sforzi. Quello che mi è successo è che la realtà che mi ero creato era: sono molto intelligente, se dovessi mettermi d'impegno e non essere comunque al livello degli altri scoprirei che non sono intelligente come credevo.
Proteggevo il mio ego e la mia identità non mettendomi d'impegno: "Ho molto talento, semplicemente non ci provo abbastanza, ecco perché non sto andando benissimo. Se lo fi probabilmente sarei migliore di tutti."
La stessa cosa mi è successa nel poker. Ero forte, poi sono stato superato da chi studiava con i solver, e avevo paura di scoprire che se ci avessi provato non sarei stato all'altezza.
Elliot mi ha fatto capire che non c'era niente di male nel provare e fallire, e se avessi provato e avessi avuto meno successo di prima, sarebbe stata comunque una situazione migliore di quella attuale.
Quindi ci ho provato. Ho studiato con i solver, ho giocato le challenge, ho avuto successo, e soprattutto ho scoperto che le skill che erano utili nell'era pre-solver, lo sono ancora in quella post-solver."
...e il perché ve lo spiegheremo nella prossima puntata!